Sarà politicamente scorretto affermarlo proprio oggi, ma le
donne non si amano tra loro.
Non voglio fare un discorso sui diritti e le pari
opportunità, che all’alba del 2017 dovrebbero essere elementi acquisiti da una
società civile degna di questo nome.
Parlo di un atteggiamento atavico proprio del carattere
femminile. Che è quello di vedere “l’altra” come una nemica, una rivale.
Ci lamentiamo – giustamente – dello sfruttamento
dell’immagine femminile come veicolo di una comunicazione becera, ignorante,
maschilista, in cui tette e culi vengono utilizzati per pubblicizzare qualsiasi
tipo di prodotto; veniamo descritte o come angeli del focolare, felici di
lavare il cesso con il nuovo detersivo al profumo di mare in tempesta, oppure
come top manager sicure, determinate, strafighe, ricche e dalla vita perfetta. Gli
uomini dei mass media fanno finta di non sapere che noi siamo ben altro, con le
nostre vite complicate, i nostri lavori precari, i soldi che non bastano mai,
le famiglie che teniamo in piedi con lo scotch, le nostre ansie e le nostre
piccole gioie.
A parole ci indigniamo per il trattamento che ci viene
riservato. “Dobbiamo essere libere di mostrare il nostro corpo così com’è!”.
“Possiamo vestirci come ci pare!”. “Non dobbiamo essere giudicate per il nostro
aspetto!”. “I mezzi di comunicazione trasmettono un’immagine distorta della femminilità!”,
e via sloganando.
E invece. Siamo le prime che, quando vediamo in giro una
taglia 48 con indosso un paio di leggins, pensiamo: non si vergogna a mostrare quelle cosce cellulitiche?
Analizziamo le nostre “sorelle” centimetro per centimetro in
cerca di un difetto, di una falla, di un qualcosa che ci faccia sentire più
fighe, paragonate a loro. “Beh, io non sarò magrissima, ma quella è proprio
anoressica. Gli uomini amano un po’ di ciccia”. “Tizia è alta, vero, ma ha il
culo piatto come il Tavoliere delle Puglie”. “Se non ha le braccia toniche,
perché Caia si mette il top? Un po’ di ritegno, no?”
Anche tra amiche succede. Anzi, soprattutto tra amiche. Ci
si vuole bene, si è solidali l’una con l’altra a livello umano, ma poi è più
forte di noi il bisogno di criticare, spettegolare, parlar male appena
possibile. Con affetto, naturalmente. Ma intanto la frecciatina è partita e
magari ha colpito il segno.
Non dovremmo, ma siamo proprio noi le prime a guardare l’aspetto
fisico delle altre. Siamo noi che rimaniamo inorridite dalle pecche altrui. Dal
trucco, dai capelli, dal peso, dall’abbigliamento. È una caratteristica innata che
probabilmente deriva dal nostro continuo bisogno di conferme, certezze,
adulazione, complimenti e riscontri da parte dell’uomo. Siamo insicure perché
ci hanno sempre fatto credere che per conquistare un maschio e tenercelo stretto
bisognasse puntare tutto sull’aspetto fisico. E in parte è vero. La bellezza
conta, eccome. Nella misura in cui è apprezzata dagli uomini, perché se non
esistessero loro, che cosa ci fregherebbe di essere gnocche o meno?
Fino a non tanti anni fa, le capacità intellettive delle
donne, non solo erano considerate un optional, ma persino una iattura. È da
poco, da dopo la rivoluzione femminista, che la società nel suo insieme sta
cercando faticosamente di cambiare mentalità. Non è un processo facile. Non è
un processo veloce. Ci vorranno chissà quanti altri decenni per fare un salto
in avanti da questo punto di vista. Certo, non abbiamo aiuti in questo senso.
Finché saremo trattate come pezzi di carne decerebrate, faremo fatica a
liberarci anche noi da questi condizionamenti. Per riuscirci dovremmo partire
dal piccolo. Essere più indulgenti in primis verso noi stesse. Guardarci allo
specchio e non notare solo i difetti, bensì quello che c’è oltre. Vederci con i
nostri occhi, non con gli occhi degli altri, soprattutto quelli maschili. Dirci che
siamo belle, anche se non lo siamo. Dirci che siamo simpatiche, carine,
divertenti, forti, che chissenefrega della buccia d’arancia, chissenefrega se
abbiamo una ruga o qualche chilo in più. Noi siamo quello che pensiamo di essere.
Se crediamo che conti solo l’aspetto fisico, non saremo mai davvero libere. Prima
di tutto siamo individui, persone, con le nostre fragilità e debolezze, e su
quello dovremmo concentrarci.
A volte, siamo proprio noi le nostre peggiori nemiche.
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