Fare la moglie è faticoso. È un compito impegnativo,
spesso ingrato e poco considerato. Diciamo la verità: le donne pensano che il
matrimonio sia un traguardo, mentre invece è al momento del tanto agognato "sì" che
comincia la vera gara a ostacoli. Progressivamente, da esseri desiderabili, agli
occhi degli uomini si trasformano in insopportabili rompicoglioni. O in donne
sciatte e prevedibili come il rigore dato alla Juve la domenica. Come se
dall’oggi al domani, lo status di consorti assumesse un valore negativo.
Osservate un uomo quando parla della moglie: generalmente, lo sguardo si fa
cupo, le spalle si incurvano verso il basso, come se portassero il peso del
mondo, il tono della voce si fa rassegnato. Credo che nel 90% dei casi, i
maschi sposati si considerino dei prigionieri politici, schiavi del tran tran
quotidiano e della routine mascherata da vita stabile e tranquilla. Troppo
tranquilla. Talmente tranquilla che a un certo punto si fa impellente
l’esigenza di trovare qualcosa di adrenalinico che li faccia sentire ancora
vivi. La “salvezza” del maschio arriva quando scopre il mondo delle chat. Lì, finalmente,
trova la sua controparte al femminile. Donne sposate ingabbiate in un
matrimonio fatto di piattume, cene silenziose e serate trascorse davanti alla
TV; single allupate; separate alla disperata ricerca del principe azzurro o
semplicemente di avventure che possono raccontare alle amiche affamate di
gossip... In pratica, un catalogo aggiornato della reale condizione umana,
fatta di solitudine e di noia. In chat, l’uomo si sbizzarrisce. Scrive a
chiunque, nella speranza di ricevere un feedback. Per un calcolo statistico, su
cento messaggi inviati sperano almeno in una decina di risposte. Man mano,
avviene una selezione naturale, fino ad arrivare al bersaglio individuato. È
lei quella giusta! Carina, sexy, simpatica, divertente, ride alle sue battute e
si interessa incredibilmente alla sua vita. Alla fatidica domanda “sei single,
sposato, separato, divorziato?”, la risposta automatica è: “sono sposato, ma
infelicemente. Ormai siamo quasi dei separati in casa”. Se dopo questa
esplosiva rivelazione la compagna di chat non sparisce, è praticamente fatta.
Peccato che la povera (ma consenziente) malcapitata, sorvoli sulla parola
fondamentale della frase: quel “quasi”, infatti, è la chiave di tutto. Perché
il fedifrago in pectore non è MAI un separato in casa. Con la moglie fa
esattamente le stesse cose che faceva prima, compreso del tiepido sesso che è
sempre meglio di niente.
Comunque, da quel momento parte la solita trafila: scambio
di numeri di telefono, contatti messenger e skype per vedere in anteprima la
probabile futura amante (perché si sa che dalla foto al contatto visivo ce ne
corre), e poi, finalmente, il primo appuntamento. Che può risultare un flop, ma
di solito, dopo un minimo di conoscenza reciproca, porta difilato alla
condizione di amanti clandestini. All’inizio è passione pura. La condizione di
clandestinità, infatti, può risultare molto eccitante. I primi tempi. Poi, man
mano che il tempo passa, per la povera amante tutto diventa difficile. Deve
stare agli orari di lui. Adeguarsi agli impegni familiari di lui. Sorbirsi le
lamentele di lui sulla moglie… La quale, all’inizio ignara, comincia
inevitabilmente a sospettare. Soprattutto quando l’idiota lascia in giro scontrini,
biglietti del cinema, orecchini sotto il sedile della macchina e le solite
tracce che Freud definiva atti mancati. L’uomo di solito nega anche l’evidenza.
Se messo alle strette, però, vive la confessione come una liberazione. Nel
senso che lascia alla moglie la responsabilità di decidere della sua sorte. Di
solito, lui ammette il tradimento, ma adducendo la prevedibile scusa cui non
darebbe credito neanche un bambino di tre anni che crede ancora a Babbo Natale:
è stata una sbandata, non è stato niente di importante, mi ha preso in un
momento di debolezza, e via coglionando. A quel punto, alla moglie non resta
che far finta di crederci. Perché non vuole mandare a monte un matrimonio per
un’avventura. Solo che, pur perdonando il traditore, non riesce più a fidarsi
di lui. Per cui comincia il martellamento pneumatico: chi è lei, come vi siete
conosciuti, che cosa hai trovato in lei che non ti davo io (mmmh, vediamo…
sesso sfrenato? Emozioni? Passione travolgente? Sintonia mentale? Perché vuoi
sentirtelo dire, povera moglie? A volte è meglio non sapere). L’aspetto più
patetico della situazione è che la consorte ufficiale cercherà con ogni mezzo
di riportarlo sulla retta via, sperando di ritrovare la passione perduta. Che,
appunto, è ormai perduta. Le minestre riscaldate non sono mai appetitose come
un buon piatto di pasta al pomodoro con un pizzico di peperoncino. Alla fine, inevitabilmente,
ogni tentativo risulterà vano. Lui avrà sempre quell’aria da “l’ho lasciata per
te ma non sono felice, sappilo”. Il sospetto prenderà il sopravvento su tutto. Telefonini
sotto controllo, verifiche di chilometraggi dell’auto, ricerca di residui
organici sugli indumenti… Lui nel frattempo avrà momentaneamente chiuso la
storia, in attesa che le acque si plachino, ma ci ricascherà quasi subito
perché non ce la fa a resistere. Per qualche settimana farà il maritino
modello, ma al primo messaggino con scritto “mi manchi”, ricomincerà a vederla,
solo che lo farà con molta più circospezione. Stando molto più attento a non
lasciare tracce. Queste storie clandestine possono durare mesi. Nella peggiore
delle ipotesi, anni. Alla fine, tutte le parti in causa femminili perdono. La
moglie, la cui convinzione di aver costruito una famiglia da Mulino Bianco si
infrange davanti a un completino intimo sexy inutilmente indossato per
rinverdire i fasti del passato e del quale lui a malapena si accorgerà (un po’
come quando noi donne andiamo dal parrucchiere e da more diventiamo biondo
platino e lui non ci fa caso); e l’amante, che si era illusa di poter vivere di
briciole di tempo rubato, quando in realtà le briciole ormai non se le cagano
più nemmeno i passerotti affamati.
Morale? Gli uomini non lasciano mai le mogli. Le
mogli lasciano raramente i mariti. Le amanti lasciano il tempo che trovano.