“Glielo
giuro, commissario, è stato un impulso improvviso. So di averlo desiderato
tante volte, ma erano solo fantasie. A lei non è mai capitato di pensare adesso questo l’ammazzo, senza poi farlo
veramente? Eravamo lì, in soggiorno, e lui ha fatto l’ennesimo verso col naso,
sapendo che mi faceva rivoltare lo stomaco. Gliel’avevo detto mille volte: smettila,
mi urti i nervi, guarda che un giorno o l’altro te lo spacco. Lei non può immaginare
cosa significhi vivere con un uomo che stantuffa e grugnisce senza sosta.
Vent’anni così, se ne rende conto? Insomma, stavo stirando le sue camicie - orrende
tra l’altro, non ha mai avuto gusto nel vestire… Come dice? Non divaghi? Ma
guardi che questi sono dettagli importanti, avrò pure delle attenuanti. Lui era
sdraiato sul divano a guardare la TV. A dire il vero, sbavava dietro a un paio
di vallette discinte. No, non l’ho fatto per quello, non sono gelosa. Però, all’ennesimo
verso, mi è scattato qualcosa. Mi sono avvicinata col ferro per spruzzargli in
faccia il vapore – oltretutto avevo messo l’acqua al profumo di mughetto – ma,
non so come, la mano mi è sfuggita. Gli ho ficcato la punta proprio all’attaccatura
del naso. Lui ha inalato il vapore a pieni polmoni, sembrava quasi un sospiro
di sollievo. A sapere degli effetti balsamici del mughetto, l’avrei fatto prima.
No, non sto facendo dell’ironia. Anzi, credo che sia morto felice. Come faccio
a dirlo? Be’, dai pantaloni del pigiama spuntava una protuberanza. Vede che le
vallette a qualcosa servono?
Sì, commissario, mi
dispiace di averlo fatto. Ci tenevo a lui. Era un ferro professionale, e ora
l’ho perso. Pensi che me l’aveva regalato lui per il mio compleanno. Se
l’avesse saputo, probabilmente avrebbe optato per un paio di pantofole col
pelo.”
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